lunedì, gennaio 30, 2006

Perché regalare una bottiglia a un giornalista, meglio regalarla a un blogger!

Se a quanto pare regalare bottiglie ai giornalisti non basta più per ottenere un pezzo, risultati molto migliori si ottengono regalando bottiglie ai blogger!!!

Poco fa ho letto proprio in questo senso un interessante (come sempre!) post di Aristide, sulla Stormhoek un'azienda sudafricana che proprio attraverso i blog è riuscita a incrementare le sue vendite nel Regno Unito. Come ha fatto? Ha selezionato 75 blogger che col vino nulla avevano a che fare, e ha inviato loro due bottiglie di vino (con etichetta personalizzata) certa che poi ne avrebbero parlato, e che i loro lettori si sarebbero affidati al giudizio dei blogger in questione.
I blogger erano tutti stanziati in Gran Bretagna, Francia e Irlanda, senza distinzione di visitatori, ma con un blog esistente da più di tre mesi e sempre aggiornato. Dovevano aver raggiunto la maggiore età (per bere alcolici), ma non avevano nessun obbligo di parlare dell'azienda, né tantomeno di parlarne bene.
I risultati sono presto arrivati e la campagna ha contribuito a un raddoppiamento delle vendite (da 50.000 del 2004 a 100.000 del 2005 nel Regno Unito). Questi vini, che si trovano nell'affollatissima fascia di prezzo dei 7,50-10,00 euro sono riusciti insomma a farsi proprio notare grazie ai regali - guadagnandosi la distribuzione anche in grandi catene come Sainsbury's. Quindi niente più regali ai giornalisti, ma ben vengano quelli ai blogger! :)

Dietro a questa idea c'è Hugh Macleod, una di quelle persone dalle mille attività impossibili da riassumere in una solo parola, ma che, tra le tante cose che fa, disegna vignette sul retro dei biglietti da visita, alla faccia di quelli gratis di Vistacard!!!

Via Aristide e Decanter

Altro che bioarchitettura in cantina...

Rilancio la provocazione già lanciata da Fabrizio Pivari a metà mese, ma applicandola al vino.
Secondo Pivari, vista la nuova moda per servizi come Google Earth o Google Map, perché non potenziare il proprio brand sfruttando anche il tetto del supermercato, o di qualunque palazzo di cui si possieda il tetto?
Così, alla faccia della bioarchiettura in cantina, e delle cantine perfettamente integrate nel territorio - e magari totalmente scavate nella terra - meglio mettere sul tetto uno striscione gigantesco con il proprio logo aziendale!!!
E per chi ritiene che una simile azione vada troppo contro lo stile di vita a contatto con la natura che solo in vigna si può sperimentare, propongo un'altra cosa: di impiantare una parte di vigna in modo tale che i filari, visti dall'alto, formino il logo aziendale.
E magari farlo da un giorno all'altro, riaprendo il dibattito su alieni o "circle-makers" (vi ricordate Signs con Mel Gibson?)...

E dire che so di uno sceicco arabo che nel mezzo del deserto ha fatto costruire una strada a forma di benvenuto, cosicché i suoi ospiti, in arrivo in aereo, potessero sentirsi bene accolti prima ancora di atterrare...
Ogni buona idea è un adattamento di una vecchia buona idea...

Foto presa da circlemakers.org

venerdì, gennaio 20, 2006

Un po'di futurismo: mobile search, Google e note sui vini

Lancio una provocazione.
Probabilmente è prematura, ma tanto il web è un'archivio di messaggi accumulati nel tempo che poi Google riesce a ripescare quando meno te lo aspetti. Quindi tanto vale lanciarla, poi un giorno si potrà leggere che il 20 gennaio 2006 ho scritto quanto segue.

Negli Stati Uniti, sono sempre di più gli esperti che parlano di Mobile Search e Google. Il tuo ristorante preferito è pieno e non avevi prenotato? Non sai dove andare a cena? Digiti ristorante e zona dove ti trovi o CAP sulla pagina di Google che ti appare sul palmare e Google ti offre una selezione dei ristoranti più vicini. Non solo, riesce a riadattare i siti - ma sinceramente non ho ancora capito come - in modo che siano ben visualizzabili sul palmare.

A parte il fatto che queste nuove funzioni di mobile internet stanno rivalutando i palmari, aggeggi tecnologici che non ho mai davvero saputo apprezzare. La domanda che mi pongo è questa. Non vale forse la pena per le guide di vini di organizzarsi per mettere online le degustazioni - se Parker ce la fa, un modo ci sarà, no? - in modo che siano indicizzate da Google?
Ogni tanto mi capita infatti di sentire di amici che risultano, a torto o a ragione, degli esperti di vino, e ricevono telefonate nel bel mezzo di una serata tranquilla, di qualcuno che disperatamente, da un ristorante, chiede un aiuto su quale vino acquistare scegliere da una carta di vini infinita. Per non parlare di quelli a cui piace il vino, e vorrebbero saper scegliere bene, ma proprio non ce la fanno a memorizzare tutte le pagine di tutte le guide... I consumatori insomma ci sarebbero, e a chi non dovesse trovare una redditività immediata di un simile investimento posso solo rilanciare dicendo che forse anche se non immediata deve essere accessoria, ma chi è imprenditore sa rischiare! Ce lo insengna lo stesso Google.

Foto di Gaston Thauvin

giovedì, gennaio 19, 2006

Rolling Stones, Madonna e vino (magari de-alcolico)

La nuova Madonna, quella più recente rispetto a "classici" come Material World, Like a Virgin o Isla Bonita ci ha ormai abituati a una promozione fatta più di accessori che hit che entreranno nella storia, inclusa la collana best-seller di libri per bambini The English Roses , o i vestiti, sempre per bambini, collegati alla stessa collana di libri.
Così non sorprende che la seconda linea di vini dell'azienda californiana Celebrity Cellars sia dedicata proprio a questa cantante.
Lanciati con etichette firmate Rolling Stones, i vini di Celebrity Cellars hanno la particolarità di essere anche nella versione de-alcolica (non ho ancora trovato spiegazione di come viene prodotto), ovvero Un-wine, un marchio registrato dalla stessa azienda. Le bottiglie hanno etichette decorate a mano e il posizionamento di prezzo si basa sul premium price (dai 25 $ in su) con punte di 100 $ per i vini più esclusivi, in serie limitata, da collezione. La linea firmata Madonna - Confessions on a dance floor - dal titolo della sua hit del 2005 - include vini a base Barbera, Cabernet Sauvignon e Pinot Grigio (tutti in purezza), oltre a un Un-Wine a base di uve a bacca rossa allevate in California, vinificate in rosso e fatte riposare in legno come per un normale vino. Abbinamento consigliato: manzo, agnello e selvaggina, che lascerebbe presupporre una grande struttura. Il motivo di questa innovazione? Dalle comunicazioni aziendali più che rispondere a un nuovo bisogno del consumatore l'Unwine sembra risolvere il problema dell'invio di alcolici in alcuni stati.

giovedì, gennaio 12, 2006

Le truffe rientrano nelle nuove tecnologie?

Non lo so, ma tra le categorie che ho creato finora questa mi sembrava la più appropriata per la notizia di una truffa. Il packaging era quello del Moet Chandon, il contenuto? Trebbiano frizzante! Sull'asse Bologna-Napoli il Corriere della Sera segnala una nuova truffa a riprova che sì, l'etichetta e il packaging hanno un ruolo fondamentale, più del contenuto, come si è visto, nello spingere all'acquisto di un vino! Nella foto, una bottiglia vera di Moet Chandon.

Notizia appresa dal Corriere della Sera.

mercoledì, gennaio 04, 2006

Smashed grapes - Uve schiacciate e tappo a vite

Smashed grapes, uve schiacciate, è il nome del brand lanciato a fine settembre da North Lake Wines, una divisione di Constellation Wines US. I vini Smashed Grapes sono un po' come le Pringles del vino. Un packaging dai colori vivaci che ben rispecchia il gusto definito del vino, e una campagna pubblicitaria pressante e coloratissima, anche nei punti vendita. Il target: consumatori nella fascia 25-34 anni che si interessano di vino ma detestano tutto ciò che può essere simil-elitario e rituale attorno a esso.
Il prodotto dal punto di vista marketing sembra studiato fin nei minimi particolari, incluso il gusto, fruttato ma dotato al tempo stesso di una freschezza accattivante, senza farsi mancare un passaggio in legno di rovere. Quanto al tappo, la scelta è stata quella del tappo a vite, l'ideale, secondo il winemaker Ken Shyvers che cura il brand, per vini in questa fascia di prezzo ($10).
Da un punto di vista da marketer, non posso che apprezzare la strategia quasi da macchina da guerra con cui è stato studiato il lancio del brand - con tanto di flyer a scaffale per promuoverli, mega espositori nei punti vendita, cartoline promozionali e buoni sconto da $3 per la prova.
Eppure al tempo stesso non riesco a condividere il posizionamento "premium" che ha questo vino. Con un'offerta così variegata come quella del vino, molto più di quelle di altre bevande alcoliche, comincio a pensare che non basta una fascia di prezzo per definire un prodotto premium, serve per il vino qualche elemento in più. Ma del resto, forse l'unico problema è che non rientro nel target - se non per l'età - e quindi non sono in grado di apprezzare appieno il concept.

Notizia appresa inizialmente da Package Design

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